mercoledì 13 aprile 2016

Responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici: il parere favorevole con osservazioni del Consiglio di Stato


Invito ad eliminare la responsabilità penale dei dirigenti e le azioni per danno all'immagine. I punti principali ed il testo del parere n. 864/2016 sullo schema di decreto.

Il Consiglio di Stato ha reso parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto legislativo sulla disciplina relativa alla responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti (6-4-2016) .
I punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla disciplina relativa alla responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti.
 
Il parere, dopo aver ricordato il ruolo e la natura della funzione consultiva del Consiglio di Stato, prosegue con la attenta e dettagliata ricostruzione normativa della disciplina in materia disciplinare.
Segue l’esame ricostruttivo, anche in termini di obiettivi, delle regole predisposte nello schema.

In particolare, lo schema di decreto prevede:

– l'ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio”, con la statuizione che risponde della violazione anche chi abbia agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta;

– l'introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore;

– l'introduzione di un procedimento disciplinare accelerato nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”;

– l'introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo;

– l'estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’artt. 328 c.p., ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza;

– l'estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare.
 
Modifiche proposte.
Quanto alle modifiche proposte, vanno segnalate le osservazioni concernenti la necessità di introdurre specifici e chiari termini procedimentali, in specie in tema di contestazione dell’addebito e di preavviso per la convocazione in contraddittorio, i quali devono essere compatibili con il termine di conclusione del procedimento, ma anche idonei ad assicurare l’effettività del diritto di difesa, nonché con la specifica indicazione del 
dies a quo di decorrenza del termine di conclusione del procedimento.
Viene poi suggerita una riflessione, sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, in ordine all’introduzione della sanzione disciplinare del licenziamento in capo ai dirigenti e ai responsabili di servizio per i casi previsti dal comma 3-
bis, che sostanzialmente equipara il dirigente, quanto al trattamento sanzionatorio, ad un soggetto che ha concorso nella commissione dell’illecito, mentre in realtà la condotta omissiva del dirigente, cui la norma si riferisce, è una condotta successiva e diversa rispetto all’illecito posto in essere dal dipendente.

Eccesso di delega.
Di particolare rilievo appaiono le considerazioni conclusive svolte in termini di eccesso di delega, sotto due  profili. 

In primo luogo, è chiesta l’espunzione dal testo della disciplina concernente l’azione di responsabilità per danno d’immagine alla pubblica amministrazione, in quanto posta al di fuori della delega conferita dall’art. 17, comma 1, lett. s), l. 7 agosto 2015, n. 124. Tale disciplina appare, infatti, estranea alla materia della responsabilità disciplinare e al procedimento disciplinare, vertendosi in tema di responsabilità di diversa natura. Né è possibile indirettamente ricondurre l’istituto alla materia della responsabilità disciplinare mediante riferimento ad una ipotetica contestualità delle azioni nei confronti del pubblico dipendente, atteso che neppure questa sussiste.
 
Ad avviso del Consiglio di Stato la formulazione della norma porta a ritenere che tale azione di responsabilità per danno di immagine si svolga e si esaurisca successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento. Va inoltre considerato che la stessa non concerne direttamente la disciplina del lavoro con la pubblica amministrazione. Né i relativi profili di organizzazione amministrativa, attenendo piuttosto agli effetti che la violazione degli obblighi del lavoratore produce, in relazione alla tutela di interessi e beni che non riguardano direttamente il rapporto di lavoro. L’unica parte della disposizione che risulta pienamente compatibile con la previsione della  lett. s) dell’art. 17 della legge delega - prosegue il Consiglio di Stato - è la prima parte del comma 3-quater, laddove prevede che “Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare”, rinvenendosi in tal caso la posizione di un mero obbligo di denuncia connesso alla commissione di fatti per i quali è avviato ed è in corso un procedimento disciplinare; collegamento che potrebbe essere rafforzato dalla espressa previsione di tale obbligo in capo all’ufficio per i procedimenti disciplinari. Da tale denuncia, e dalla segnalazione alla Corte – correttamente previste dalla norma delegata – già discende l’obbligo per la giurisdizione contabile di valutare la consistenza dei fatti, senza certo potersi escludere che il danno alla immagine debba costituire componente significativa del danno “erariale” risarcibile dal dipendente infedele.

E' poi evidenziata l'introduzione, con riferimento alla disposizione del comma 3-
quinquies, di una nuova ipotesi di omissione di atti d'ufficio ex art. 328 c.p.. Il cit. comma 3-quinquies ha infatti previsto che "Il comma 3-quinquies prevede che, per i casi di cui al comma 3-bis, l’omessa comunicazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare costituiscono, a carico dei dirigenti ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, a carico dei responsabili di servizio competenti, illecito disciplinare punibile con il licenziamento; tali comportamenti configurano il reato di omissione di atti di ufficio, punito dall’art. 328 del codice penale". Indubbia è la differenza rispetto all'art. 328 c.p. che, per la configurabilità del fatto di reato, prevede la preventiva formulazione di una richiesta, il mancato compimento dell’atto dell’ufficio e la mancata risposta per esporre le ragioni del ritardo. Trattasi, dunque, di introduzione di una nuova norma penale, in relazione alla quale non si riscontra il supporto di idonea delega legislativa. Ad avviso del Consiglio di Stato qualora il Governo, nel quadro di un inasprimento della responsabilità dei dirigenti, ed al fine di dare forte impulso alla iniziativa di controllo e denuncia dei fenomeni di assenteismo, intenda introdurre una estensione, ai comportamenti dirigenziali omissivi nei casi in esame, dell’art. 328 c.p.., sarà necessario un intervento con norma primaria giacchè la norma delegata, così come formulata, si presterebbe ad essere censurata con successo da eventuali incolpati per eccesso di delega, compromettendo così l’obiettivo finale di giusto rigore nei confronti degli assenteisti e di chi omette di denunciare i comportamenti.


Il parere quindi conclude con il suggerimento di espungere dal testo le disposizioni che attengono all’azione di responsabilità per danno d’immagine e alla responsabilità penale dei dirigenti, senza con ciò voler porre alcuna preclusione in merito e in diritto a che le stesse previsioni siano riprese in considerazione per l’inserimento in un successivo idoneo provvedimento legislativo, anche in via urgente.

martedì 12 aprile 2016

RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO E TRATTAMENTO DI FINE SERVIZIO

Il nostro Ufficio Legale Nazionale ha predisposto una diffida, mirante alla corretta applicazione delle trattenute per i ricercatori universitari assunti a tempo determinato, che devono essere assoggettati a contribuzione TFS e non TFR, come, invece, avviene in molti casi.
La diffida del Nazionale richiama la nota INPS del 27 febbraio 2013, con cui l'istituto di previdenza, appositamente sollecitato, ha precisato che:

In esito al quesito formulato con nota prot. N. 1739 del 30.01.2013 si precisa che i ricercatori universitari, ancorchè a tempo determinato, laddove esistano le condizioni, devono essere assoggettati a contribuzione TFS
come precisato con l'informativa n. 11 del 03.06.2002, in quanto tale categoria di personale non è riguardata dal DPCM 20.12.1999.

Precisa, ancora, la nota INPS:
La definizione di detta tipologia di personale quale -“non contrattualizzato”- non attiene alla tipologia del rapporto di lavoro, che prevede infatti tutte le specificità del personale che sottoscrive un regolare contratto anche se a tempo determinato, bensì alla natura e struttura della retribuzione, nonché agli elementi giuridici del rapporto di lavoro, stabiliti non dalla contrattazione collettiva con l’ARAN ma dagli ordinamenti degli Enti di appartenenza. Difatti, l’art. 24 della legge 240/2010 prevede che detti contratti stabiliscono le modalità di svolgimento di didattica e di ricerca sulla base dei regolamenti di ateneo e non della contrattazione collettiva. Anche per la figura professionale di cui alle leggi n. 230/2005 e n. 240/2010 è specificato che il trattamento economico di tali contratti sia rapportata a quello degli attuali ricercatori confermati (stabilito con DPR)”.
Per quegli Atenei che, in maniera errata, venisse applica per i ricercatori a tempo determinato, siano essi di tipologia a) o b), il regime di TFR, invitiamo  a presentare la diffida allegata.

Per chi fosse interessato invitiamo a contattar la Flc CGIL Napoli o le compagne e compagni presenti in Ateneo

Contatti:
Flc Napoli: napoli@flcgil.it
Gaetano Iannone: g.iannone@flcgil.it;

cell: +39 3477850777

Risultati elettorali Fondo di Previdenza

Assemblea dei delegati del Fondo di Previdenza e Assistenza integrativa del personale Docente e Tecnico amministrativo